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Il cimitero di Santa Caterina

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Il luogo dove ci troviamo è il cimitero di Santa Caterina sul lato nord della chiesa di San Frediano.

Siamo all'interno del convento della basilica di San Frediano, fondato nel XII secolo.

 

Tre sono i chiostri del convento: il primo, a est, è il cimitero di Santa Caterina, già documentato nel 1124; il secondo cinquecentesco fu probabilmente costruito sopra un chiostro più antico, di cui rimane oggi una bifora duecentesca e fu costruito quando chiesa e monastero passarono dai canonici di San Frediano alla congregazione di Santa Maria di Fregionaia nel 1517.

 

Il terzo chiostro infine è seicentesco.

 

I canonici Lateranensi rimasero in San Frediano fino al 1780, anno in cui la comunità venne soppressa e i beni della chiesa e del monastero vennero affidati a pubbliche istituzioni lucchesi; il patrimonio e gli stabili vennero destinati alla fondazione di un Istituto per la pubblica istruzione.

 

Nel 1788 si impiantarono nel soppresso monastero le pubbliche scuole e nel 1794 la pubblica biblioteca, finché nel 1814 tale istituto fu denominato Collegio Nazionale.

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Il cimitero di Santa Caterina è dunque un chiostro con destinazione cimiteriale.

 

Oggi ne rimangono solo due bracci, uno sul lato est e l’altro sul lato nord, ma senza alcun dubbio è possibile ritenere che il chiostro avesse quattro bracci intorno al perimetro del campo.

 

Il braccio sud del chiostro fu occupato dalla cappella Fatinelli che risale al XIV sec. e fu realizzata nell’area del cimitero nel quale Santa Zita fu sepolta nel 1278 e la cappella di santa Maria del Soccorso fatta realizzare nel 1509 grazie alla «pietà della nobildonna Eufrosina Cenami […] a mezzo del suo parente Pasquino Cenami, priore di San Frediano, che ottenne di alzare l’Oratorio su una parte del terreno pertinente all’antichissimo cimitero annesso alla basilica, cimitero denominato di Santa Caterina, perché aveva una chiesetta o altare che sia, dedicato alla gloriosa martire» (A. Lettieri, La SS Vergine del soccorso, La Tipografica di O. & E. Malanima, Lucca 1946).

 

Il cimitero è documentato dal 1124 e da un manoscritto della Biblioteca Statale di Lucca (B.S.L. Ms. 415 c.12v) si registra che in quel luogo fu consacrata in data 11 febbraio 1220 una cappella dedicata a Santa Caterina d’Alessandria.

 

Inoltre anche se non è certa la data di costruzione del chiostro, sappiamo che nel 1290, anno delle arche Guidiccioni - rimaste quasi inalterate all'interno della Cappella di Santa Maria del Soccorso -, il lato sud era ultimato ed è lecito credere che a quella data tutto l’organismo fosse concluso.

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Sul prospetto del lato sud, sono visibili in facciata i tre archi del chiostro.

 

Il braccio sud è secondo Isa Belli Barsali (I. Belli Barsali, Guida di Lucca, Maria Pacini Fazzi, Lucca 1988) il più antico in quanto la sua edificazione subì una interruzione all’altezza della terza arcata e quando i lavori vennero ripresi fu abbandonata la soluzione dell’arco ribassato per quello a tutto sesto, adottata nei bracci est e nord.

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Il quarto braccio ad ovest è oggi distrutto e un tempo doveva separare il cimitero di Santa Caterina da un altro chiostro più antico.

Una volta completato, il porticato con tre archi per ogni lato, dei quali quello centrale sul lato di levante aveva una luce maggiore dei due archi laterali, veniva a racchiudere un campo di ridotte dimensioni destinato quasi certamente alla sepoltura comune.

 

Per ottenere una armonia di luci, gli archi si riempirono con trifore e pentafore simmetriche che concorsero a formare una precisione armonica diffondendo nei porticati una sacra penombra che disponeva al raccoglimento e alla preghiera, indotta anche dalle raffigurazioni affrescate nelle campate esterne dei sottarchi che giravano intorno al chiostro e sui pilastri appoggiati alla muraglia (Lettieri, La SS Vergine cit., pp. 53,55). Alcuni dei dipinti affrescati sui pilastri come ‘La Madonna della colonna’ o il ‘Santissimo Crocifisso’ vennero spostati nel 1621 in luoghi più adatti, date le condizioni pessime del chiostro.

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Il cimitero di Santa Caterina fu luogo di sepoltura riservato alle famiglie nobili e mercantili. Tre furono i tipo sepolcrali usati: la lapide terragna; la lapide murata nella parete; e la tomba ‘ad arcosolio’.

 

Le sepolture sono documentate dall’ultimo duecento, ma appartiene al trecento la maggior parte dei sepolcri.  Nel corso del trecento il cimitero dovette giungere pressoché alla saturazione e probabilmente in seguito si verificò il rifacimento dei sepolcri esistenti e l’usurpazione delle tombe di famiglie estinte, come avvenne nei secoli XVI e XVII.

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Le tombe ad arcosolio caratterizzano questo cimitero.

L’arcosolio (dal latino arcus/arco e solium/sepolcro, sarcofago, tomba in pietra) è una sepoltura in uso specialmente nelle catacombe, consistente in una nicchia, per lo più a forma di arco, scavata nel muro nella quale veniva incassato il sarcofago.

 

Non è facile risalire al numero delle tombe, è quasi certo che fossero allineate almeno su tre lati. Oggi ne rimangono cinque nel braccio nord e cinque nel braccio est del chiostro, escludendo quelle nello spogliatoio della Compagnia e nella Cappella del Soccorso.

 

Esempi di monumenti funebri che corredavano le cosiddette ‘catacombe’ (chiamate così dai sacrestani che «intendevano distinguere le sepolture collocate sotto il porticato e lungo la grossa muraglia movimentata dai profondi arconi, dove era minor luce» (Lettieri, La SS Vergine cit., p. 60), sono le arche mutilate dell’illustre famiglia dei Guidiccioni.

 

Le arche Guidiccioni datate 1290 sono collocate in fondo all'oratorio della SS. Vergine del Soccorso (sul lato est), nascoste da tre colonnette che stanno davanti a sostegno della cantoria. Il monumento è formato dunque da due arche ciascuna divisa da tre riquadri riccamente incorniciati con intagli.

 

I due riquadri centrali sono fiancheggiati da due scudi e nell'arca di destra sono presenti gli stemmi dei Guidiccioni. Le due arche hanno sculture finemente lavorate, in quella di sinistra si osserva una ricca croce floreale e in quella di destra è scolpito un agnello eretto con la croce astile fiorita.

 

Alla sua sommità, nel livello inferiore del cornicione è incisa una iscrizione con versi in volgare.

Presso la seconda arca dei Guidiccioni attraverso una porta si passa nello spogliatoio della Compagnia.

 

Qui sul finire del 1940 si scoprirono le polifore originali dell'antico cimitero. In questo spazio si trovano due tombe ad arcosolio superstiti quella della celebre famiglia mercantile dei Rapondi databile verso i primi anni del 1400 che, anche se non eguaglia in bellezza le arche Guidiccioni, è ampiamente pregevole per l'integrità dell'insieme, foggiata a tabernacolo gotico.

 

Al sarcofago dei Rapondi era contiguo quello dei Biscotti del 1615: rimane ancora oggi un frammento dell'iscrizione sepolcrale dipinta sull'intonaco con la figura di San Domenico da un lato e un santo vescovo dall'altro. Negli altri sepolcri conservati, l'originale fisionomia è stata alterata da interventi successivi.

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Un episodio significativo è rappresentato tuttora dall'archivolto affrescato di un sepolcro del braccio nord.

Nella ghiera sono rappresentati, dentro piccoli tondi angeli oranti a due a due specularmente opposti, e al culmine l'agnello mistico.

Nei sott'archi sono rappresentati gli evangelisti con i relativi simboli.

 

Lungo i pavimenti dei corridoi erano probabilmente collocate lastre sepolcrali, alcune di esse sono visibili nella cappella del Soccorso.

 

Esempi di pietre tombali inserite nel muro sono rilevabili sul muro meridionale della Cappella del Soccorso e sul muro ovest del braccio nord del chiostro su cui è scolpito lo stemma della famiglia degli Alluminati.

 

Il fatto che non fosse seguito un preciso ordine nella realizzazione delle arche autorizza a credere che prima avvenisse l'edificazione della serie dei loculi, a spese del ricco monastero di San Frediano, e poi si passasse alla vendita alle famiglie a cui era lasciata la scelta del tipo di decorazione esterna.

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Il braccio est del chiostro è quello che ha subito minori manomissioni e che accolse forse l'intervento ornativo più pregevole.

 

Questo intervento è costituito da tre arcate a tutto sesto: le due laterali contengono una trifora per ciascuna e quella centrale una pentafora.

 

Le trifore laterali incorniciate da grandi archi a sesto acuto sono formate da colonnini e archetti trilobati. La pentafora è suddivisa attraverso archi a sesto acuto in due bifore e una monofora. Anch'essa è costituita da colonnine in marmo e in calcare 'rosso ammonitico' e da archetti trilobati. I capitelli della pentafora sono di particolare interesse, scolpiti con ornati vegetali e con simboli Cristologici.

 

Uno di essi rappresenta l'Arcangelo Michele con il libro aperto, collegato con la liturgia della messa dei defunti, in quanto ‘accompagnatore delle anime’. Nelle lunette al di sopra della pentafora o delle trifore c'erano tre affreschi databili intorno alla metà del Trecento.

 

Uno di essi è stato perduto, gli altri due sono stati recuperati e rappresentano uno La pietà dei defunti e l'altro La deposizione. Tra gli archetti trilobati delle due bifore e gli archi gotici che le sovrastano sono ancora visibili, dipinti 'a fresco' gli scudi gentilizi della famiglia degli Onesti che testimoniano il finanziamento dei lavori di questa zona del chiostro da parte di privati.

 

Parte del braccio est è dal 1509 'Spogliatoio della Compagnia' e vi si accede dalla Cappella del Soccorso.

 

Sul lato nord quattro sono i grandi archi aperti verso il campo. Qui sono rimasti cinque arconi che costituivano le tombe ad arcosolio, uno dei quali è affrescato ed era forse la tomba dei Lamberti (1348).

 

Lungo questo braccio si trova un episodio decorativo di notevole importanza databile agli inizi del 1300. All'altezza dell'imposta delle volte cinquecentesche che ricoprono parte di questo corridoio si trova un basamento pensile che sostiene una fila di arcatelle cieche, sorrette dai pilastrini.

 

Questa alta cornice decorativa probabilmente correva lungo questo lato del chiostro nel punto di attacco delle capriate del tetto.

 

Sappiamo infatti dai documenti che il chiostro era effettivamente coperto da capriate e che il 22 giugno 1449 esse risultano rovinate.

La costituzione delle volte cinquecentesche ha occultato questa cornice che è oggi visibile dall'esterno, sono in parte.

 

Il lato ovest del chiostro è stato distrutto.

 

Al piano seminterrato è presente un piccolo abside di mattoni che si ipotizza potesse far parte della cappella di Santa Caterina, presente proprio in quella parte del chiostro.

 

La distruzione del cimitero sembra sia stata iniziata nell'anno 1810 per ordine della principessa di Lucca Elisa Baciocchi. Sul libro delle memorie della sacrestia di San Frediano si legge che il giorno 16 maggio «[…] tutto fu eseguito per essere demolita la suddetta antichissima chiesa di Santa Caterina con il cimitero annesso et amplissimo […]» . Ridolfi scrive che «[…] la distruzione di esso fu una vera barbarie» (E. Ridolfi, Guida di Lucca, Giusti, Lucca 1877)

 

Bibliografia:

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G. Matraia, Lucca nel milleduecento, Guidotti, Lucca 1843; E. Ridolfi, Guida di Lucca, Giusti, Lucca 1877; P. Campetti, Guida di Lucca, Giusti, Lucca 1927; A. Lettieri, La SS Vergine del soccorso, La Tipografica di O. & E. Malanima, Lucca 1946; I. Belli Barsali,

 

Guida di Lucca, Maria Pacini Fazzi, Lucca 1988; U. Nicolai, Notiziano storico/filatelico/numismatico, n. 214/215, dicembre 1981   R. Silva, La basilica di San Frediano a Lucca, Pacini Fazzi, Lucca 1985;  M. Paoli, Arte e committenza privata a Lucca nel Trecento e nel Quattrocento, Pacini Fazzi, Lucca 1985    

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